Questo è il breve racconto di un periodo, in particolare la fase finale, di un percorso bellissimo compiuto da una squadra di calcio della Juvenilia Buon Pastore alcuni anni fa. Si trattava di una squadra della categoria Giovanissimi che, senza troppi clamori e senza tante aspettative, arrivò ad un passo dal disputarsi la finale del Campionato Regionale di categoria, superando molti ostacoli, sia di tipo sportivo sia di tipo logistico, sfruttando la forza della determinazione e le capacità calcistiche degli elementi che la componevano. Il racconto di alcune azioni compiute dalle persone che hanno vissuto quei giorni viene fissato in queste poche righe che vorrebbero poter evocare più ricordi, inseguiti da altri ricordi fino ad arrivare ai giorni nostri e magari riconoscere un comune denominatore, il filo robusto che lega tutti gli “juvenili bipi”.

 

 

 

Correva l’anno 1974, ed è proprio il caso di dirlo, si doveva correre in quel periodo, se volevi guadagnarti il posto in squadra, perché la concorrenza c’era e tutti erano decisamente sopra la media nella piccola squadra dei Giovanissimi della Juvenilia Buon Pastore. La mitica Giovanissimi ’74, una formazione meravigliosa che incantava nell’anno in cui la Germania si sarebbe aggiudicata, di lì a qualche mese, il suo ennesimo titolo mondiale all’ombra dell’Olanda, meravigliosa orchestra diretta dal geniale Cruiff. Nel 1974 la Juvenilia B.P. proponeva a livello della categoria dei Giovanissimi su per giù una sinfonia calcistica all’altezza degli orange, i quali per altro ci avevano “rubato” i colori delle maglie. Solo che le nostre di maglie mi sa che erano un tantino diverse dalle loro, perché pizzicavano da dentro e bisognava lavarsele a casa, ognuno la sua.

La rosa della Giova ’74 non era ampia in termini numerici, eravamo un gruppo ristretto ma molto affiatato. Ricordo molto bene ancora adesso a distanza di tanti anni, quanto ci divertivamo e come aspettavo con ansia i giorni degli allenamenti sia per giocare ma anche per stare con i miei compagni, che di sicuro erano anche degli amici. La squadra era, calcisticamente parlando, al di sopra della media delle formazioni del Torneo Provinciale, spiccavano sicuramente alcune individualità, ma nel complesso eravamo un po’ tutti “bravetti” e non c’erano assolutamente “fenomeni”.

A quel tempo non è che si badasse poi così tanto al calcio, non come accade oggi perlomeno. Era un buon passatempo, alcuni adulti dedicavano parte del loro tempo libero per far funzionare le cose e per seguire gli “scapestrati” giovinotti, ma sostanzialmente il tutto scivolava via seguendo una strada sicura e lasciando una scia di normalità attorno a sé. Forse per questo quello che abbiamo fatto ci è sembrato ancora più grande.

Se penso alla squadra mi vengono in mente alcuni personaggi, forse non è giusto elencarne alcuni a discapito di altri, ma sono sicuro che nessuno si offenderà. Ed allora ecco alcuni dei protagonisti della Giova ’74 JBP che hanno lasciato il segno in quel periodo: il grande Zanardi, l’ala più veloce del nord est, Paolo Bellotto, autore di un gran gol nella fase del girone finale, il nostro allenatore il cui nome era una garanzia: De Grandis ed infine il Presidente di noi tutti: Vittorio Prisco, il piu’ accanito degli ultras della Giova ’74 JBP, una figura che a tutti coloro i quali lo hanno conosciuto ha trasmesso un pò della sua passione per ciò che faceva e che trascinava tutti con la sua simpatica euforia.

Ai miei tempi gli allenamenti si svolgevano con qualsiasi condizione meteorologica e si realizzavano, qualsiasi condizione meteo ci fosse e quindi anche col sole, sopra un ruvido piazzale di cemento, dove non potevi permetterti di cadere o scivolare o fare qualsiasi cosa che non fosse stare in piedi per evitare escoriazioni che ti portavi appresso per settimane. Il campo, quello vero con l’erba e le righe bianche e tutto il resto, c’era, certo che c’era, ed era anche a due passi dal piazzale di cemento, ma non vi si poteva accedere se non la domenica e solo per giocare la partita.

Allenarsi nel piazzale era dura, io vorrei vedere i vari “Cristiano Ronaldo” o i “Messi” a correre tutte le settimane sopra l’asfalto in un piazzale che poi veniva percorso anche dalle auto e quindi ci dovevi stare attento alle auto che ti passavano vicine.

Altri tempi si dirà. Vero, di sicuro! Fatto stà però che quando entravi in campo, quello vero e tutto il resto, ti sembrava di entrare in un Tempio tanto era venerato e desiderato durante la settimana. Quello che vedevo dalla “parte sbagliata” della rete di recinzione, la domenica mattina lo potevo toccare con le mani, con i piedi, mi ci potevo rotolare come un orso polare sulla neve; e c’era una sorta di rispetto, un certo timore reverenziale nei confronti di quel tappeto verde, perfetto che ci conteneva tutti e che permetteva di essere i protagonisti della domenica mattina . E scusate se è poco.

Come detto quell’anno le cose andavano veramente bene, durante tutto il campionato  Provinciale non avevamo avuto rivali e così, con facilità vincemmo il torneo e approdammo alla finale c.s.i. Provinciale. Vincendo si sarebbero aperte le porte per la fase finale Regionale, cioè una specie di qualificazione per la “Cempionslig”!! La partita che ci poteva scaraventare verso traguardi mai pensati ad inizio campionato si giocava sul campo di Selvazzano, contro una gran bella squadra: il Crocifisso.

 

Crocifisso – Juvenilia 0-2.

La gara fu molto combattuta e giocata su ottimi livello per buona parte del primo tempo che si concluse sullo 0-0. Il risultato si sbloccò solo nella ripresa, ovviamente a favore nostro. Successe questo: la nostra ala (al tempo chi correva avanti e indietro lungo una delle due fasce lunghe del campo si chiamava ala, non si usava dire “esterno alto” o “esterno basso”, uno era ala e basta, o al massimo mezz’ala, se proprio proprio si accentrava un po’). Comunque, mentre dalla nostra panchina arrivavano certe urla che avevano come obiettivo quello di incitarci, chiaramente, ad un certo punto la nostra ala venne presa in mezzo ad una specie di torello tra i difensori avversari, decisamente un atteggiamento poco delicato. Io dico: se tu pensi di saper fare il torello in partita allora vai a giocare in “Cempionslig”, vai a fare i Mondiali; se giochi un torneo provinciale a Padova, quando ti arriva la palla la lanci in avanti senza fronzoli, altrimenti meriti il castigo.

E così fu. Alla fin fine gli sforzi dell’ala e gli incitamenti della panchina ebbero la meglio e uno dei loro difensori sbagliò il retropassaggio al portiere consentendo al nostro giocatore di insaccare dopo uno scatto velocissimo. 1-0 per la Giova ‘74JBP.

Neanche il tempo di gioire e arrivò il 2-0, grazie ad un rigore trasformato da Zanzone  il grande Zanardi.

La partita finì  e la Giova ‘74JBP arrivò alla fase Regionale.

 

La fase finale del torneo Regionali consisteva in un girone di quattro squadre che si incontravano “all’italiana” e dal quale sarebbero uscite le due squadre vincenti che sarebbero poi andate a giocarsi le vere e proprie finali. Il nostro girone era tosto, oltre a noi c’erano:

Montecchio Maggiore

Feltre

Verona (non proprio il Verona ma una squadra di Verona di cui sfugge il nome)

 

Contro il Montecchio iniziò benino, alla fine riuscimmo a fare 1-1 grazie ad un gran gol da fuori area del formidabile Paolo Bellotto. Quel giorno a rendere le cose un po’ più agitate ci pensarono i tifosi. Infatti ci furono dei tafferugli sugli “spalti”, un piccolo accenno di rissa, sedata dalla sig.ra Camelli a suon di colpi di megafono in testa ai più facinorosi, niente di chè ma a noi fece l’effetto Hooligan anticipato di qualche anno e un po’ ce la facemmo sotto.

Ma andiamo avanti.

La seconda partita la vincemmo per 3-0 a Feltre, un trionfo. Non poteva essere altrimenti d’altronde, per un evento del destino avevamo infatti già vinto in partenza. State a sentire, anzi leggete: durante il viaggio verso Feltre il Presidente ad un certo punto ha fatto fermare il pullman perchè aveva visto uno con la gobba. Il Presidente era di origine napoletane e per i napoletani la gobba porta sfiga. La tradizione dice che l’unica possibilità per esorcizzare la sfiga è quella di toccare la gobba appena vista. Allora improvvisamente fa fermare il pullman e, una volta sceso, ferma il malcapitato con la scusa di chiedere un informazione stradale.

Una volta ottenuta l’informazione, il Presidente si congedò ringraziando la persona e battendogli la mano sulla gobba. Apposto!!! Chissà se una volta esorcizzata la forza negativa della gobba si sprigiona davvero un’altra forza positiva, mi è sempre rimasto il dubbio, fatto stà che abbiamo vinto facile.

La terza ed ultima partita la dovevamo per forza vincere. Infatti il girone all’italiana è tremendo, nonostante un pareggio ed una vittoria larga, eravamo ancora in bilico e ci giocavamo tutto in casa contro il Verona, una buona squadra, anzi decisamente  la migliore del girone.  Ed infatti pareggiamo 1-1 e conseguentemente fummo eliminati.

In ogni torneo c’è un Cavaliere Nero misterioso che spesso viene rompere le uova nel paniere, in quel torneo il nostro Cavaliere fu la squadra di Verona che si presentò in maniera decisamente misteriosa e anonima ma che a conti fatti si qualificò con merito. La partita fu davvero difficile perché i nostri avversari giocavano molto bene e correvano da matti, noi avevamo speso forse troppe energie durante le precedenti partite, o semplicemente gli altri erano più forti.

In ogni caso ci fu un fatto molto singolare che caratterizzò quella che per noi era “la partita”: i veronesi  si presentarono in campo con delle maglie senza numero cosicchè sembrava di giocare di nuovo al patronato e tra di noi ci dicevamo “marca queo, attento a staltro, ocio al biondo…”. I nostri dirigenti fecero anche un blando tentativo di reclamo per via della mancanza dei numeri ma senza insistere più di tanto perché era stato chiaro che i ragazzi di Verona avevano raggiunto il traguardo con merito.

Però fu divertente marcare quei ragazzi senza numero.  

A noi rimase per un po’ il rammarico per aver sfiorato un’impresa ma, a dire la verità, a distanza di tanti anni forse proprio quel esserci arrivati vicini senza poterci mettere le mani, ha regalato a quella magnifica squadra la possibilità di essere Affascinante.  

E se quelli di Verona erano Senza Numero, beh noi, di numeri, ne avevamo anche per loro.

 

 

Daniele Bicciato, con la collaborazione di Massimiliano Righetto

 

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